Si è chiuso il festival “Isole che parlano”: quattro serate e gran finale con Angeli e Drake.
Quattro giorni di concerti, nove spettacoli, una media di 500 spettatori per ogni live (con punte dì 600) e sette musicisti ad alternarsi sul palco, oltre ai cori di tenores e agli otto maestri campanari: a Palau si è concluso domenica il festival “Isole che parlano” organizzato dai fratelli Paolo e Nanni Angeli. La diciassettesima edizione ha riservato dei concerti di altissimo livello per gli appassionati di musica jazz ed etnica, con la chiusura affidata a un live eccezionale: due maestri del proprio strumento a confronto, Paolo Angeli alla chitarra sarda preparala e Hamid Drake alla voce e alla batteria.
Domenica sera, però, il meteo è stato inclemente: pioveva. È quindi saltato il concerto a Cala corsara, nell’isolotto di Spargi, e Angeli e Drake hanno dovuto ripiegare al coperto, nel cineteatro di Palau. A dispetto del trasferimento, l’esibizione è rimasta impressa nella mente di chi vi ha partecipato. Drake compreso. «Suono una media di 200 concerti all’anno in tutto il mondo, ma raramente ho avuto occasione di partecipare ad un festival con questa intensità e bellezza». Drake – leggenda vivente del jazz contemporaneo, premiato da dowbeat come miglior percussionista su scala mondiale – si è congedato dal pubblico con queste parole. L’incontro di Angeli e Drake ha commosso il pubblico. Due ore di musica “a braccio”, in cui i musicisti hanno alternato brani estratti dal cd “Uotha” e materiali inediti. La musica sarda ha incontrato il jazz, generando un ibrido struggente, con una rilettura dei canti classici Mi e La, Fa diesis ed una versione “waitsiana” della Corsicana.
Nell’andamento del concerto si perdono i riferimenti geografici: la chitarra sarda di Paolo Angeli – uno strumento a 18 corde, con martelletti suonati come se si trattasse di un organo – avanza con arcate arabe a sostegno della voce profonda di Hamid Drake – alla batteria e al tamburo a cornice. Cambi ritmici avaut-rock, poliritmie afro, sezioni progressive, si alternano a citazioni di Bjork (“Yoga”) e Beatles (“Dear Prudence”). L’emozione vibra in sala e raggiunge il climax nella parte centrale del concerto, con una suite di 40 minuti in cui il duo propone una metabolizzazione del confronto creativo tra il jazz di Chicago e l’avanguardia sarda. Due i bis per un pubblico letteralmente in visibilio: il brano “Gli spargiani”, dedicato allo staff del festival, e la chiusura delicatissima affidata alla ballad della Cinematic Orchestra “To Build a Home”.
La giornata precedente aveva visto protagonisti i gruppi a tenore di Torpè e Orgosolo nell’emozionante processione sulla roccia dell’Orso, in ricordo di Sassu e Cervo.
Particolarmente coinvolgente l’esibizione dei Maestri campanari sardi e delle gemelle Sara e Maika Gomez alla txalaparta: Ttukunak ha proposto 45 minuti di musica minimale, con forza tribale e coerenza contemporanea. Un set di rara intensità in cui si è mostrato come le tradizioni più consolidate possano aprirsi al confronto con altre culture musicali. Guests nella parte finale Hamid Drake e il trombettista Riccardo Pittau, che ha concluso la serata con un solo nella spiaggia di Palau Vecchio. “Isole che parlano” continua con la mostra fotografica di Mario Dondero che rimarrà aperta al pubblico fino al 30 settembre.
Claudio Chisu – L’Unione Sarda – 17 settembre 2013